Studio Legale Oldrini

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Quarto stato

Il Quarto Stato (1901), Pellizza da Volpedo

Olio su tela, Milano, Galleria d'Arte Moderna

Quando ricorrere se non è stata riconosciuta

INDENNITÀ DI FREQUENZA

L’indennità di frequenza è una prestazione economica concessa “agli invalidi civili minori di anni diciotto cui siano state riconosciute dalla competente commissione sanitaria difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni della propria età”.

È una prestazione che si pone in alternativa con l’indennità di accompagnamento (cioè non sono erogabili entrambe contemporaneamente).

Qual è allora la differenza fra l’accompagnamento e la frequenza per i minorenni?

Ci si pone questa domanda poiché nessun minorenne teoricamente può mai essere considerato autosufficiente. Tuttavia, se la legge non ha imposto per l’indennità di accompagnamento un limite di età (mentre, ad esempio, per la pensione e l’assegno sì), significa che vi sono delle condizioni per cui al minorenne, anziché l’indennità di frequenza, deve essere attribuita l’indennità di accompagnamento.

L’indennità di frequenza è concessa, come abbiamo visto, a quei minori che abbiano “difficoltà” a compiere atti che i loro pari età eseguono: va dunque effettuato un paragone, riguardo al medesimo atto, con un bambino di pari età “sano”.

L’indennità di frequenza va riconosciuta pertanto allorché il medesimo atto è compiuto con maggior difficoltà dal disabile rispetto al suo coetaneo sano (es. un bambino privo dell’uso di alcune dita faticherà maggiormente a scrivere, a chiudere l’astuccio, o non potrà seguire la lezione di educazione fisica, cose queste, tutte, che fa un bambino sano).

Se invece il “paragone” con il bambino sano non è possibile allora si prospetta la possibilità che sia erogata l’indennità di accompagnamento.

Ciò che consente di considerare un bambino di questa età nelle condizioni per poter beneficiare dell’indennità di accompagnamento è quindi il sovraccarico assistenziale rispetto alla condizione di un bambino sano, che ovviamente, grava sulla famiglia.

Si pensi ad un bambino che la famiglia deve assistere continuativamente in ospedale o in cicli di cure (dialisi, chemioterapie, riabilitazioni ecc.): il bambino “sano” queste cose non le deve fare.

Oppure si pensi al caso in cui i genitori debbano “sorvegliare” in modo particolare il figlio, in maniera spropositata rispetto a quella attenzione cui sono normalmente tenuti i genitori. Un bambino che va controllato a vista di giorno o di notte per la sua incolumità determina che il “sovraccarico familiare” dell’assistenza sia decisamente superiore a quello che richiede un bambino sano della stessa età.

La Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha affermato infatti che:

“Nell’attribuire il diritto ai minori degli anni diciotto, la legge non ha stabilito un limite minimo di età… Anche per gli infanti, che pure, per il solo fatto di essere tali abbisognano comunque di assistenza, può verificarsi una situazione, determinata dall’inabilità, la quale comporti che l’assistenza, per le condizioni patologiche in cui versi la persona, assuma forme e tempi di esplicazione ben diversi da quelli di cui necessita un bambino sano. Per il compimento degli atti della vita quotidiana, cui la legge ha riguardo, non esiste identità di situazioni tra soggetti sani e soggetti inabili, anche se, in un caso e nell’altro, di tenere età. Ciò in linea di astratto principio, nel concreto, con accertamento di fatto, il Tribunale ha ritenuto che il piccolo G., a causa della grave malattia da cui era affetto, si trovava proprio nella situazione, prevista dalla legge, comportante la necessità di un’assistenza assidua, tale che di essa non avrebbe avuto bisogno qualora fosse stato sano”.


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